Giuseppe Vigneri. "Medico di valore, cittadino intemerato"
E’ appena uscito per le Edizioni Grifo il libro dal titolo: Giuseppe Vigneri. Medico di valore, cittadino intemerato.
Si tratta di una pubblicazione interessante in cui gli autori (Ennio De Simone e Mario Vigneri)[1] mettono in luce i meriti di un medico salentino d’ingegno vissuto alla fine dell’Ottocento e impegnato in prima linea per la salute pubblica.
Numerosi furono gli ambiti in cui Giuseppe Vigneri profuse la sua infaticabile attività: la cura e la prevenzione della sifilide, la tutela del parto attraverso la formazione delle ostetriche, l’impegno come Consigliere scolastico per migliorare le condizioni igieniche delle scuole di allora, quello nelle strutture carcerarie, l’insegnamento e la divulgazione dell’Igiene come disciplina olistica, non circoscritta solo all’ambito strettamente sanitario, ma anche a quello etico e sociale, come prevenzione di comportamenti ritenuti a rischio. In quest’ultimo ambito risulta di particolare interesse la realizzazione delle cosiddette “Sale dei folli” (come le chiamavano allora) di cui assunse la direzione come psichiatra con l’intento di curare coloro che avessero manifestato sintomi devianti sul piano psichico, sottraendoli al ricovero che di consueto spettava ai pazienti psichiatrici nel Mezzogiorno presso il manicomio di Aversa. Come ha ben rilevato il Prof. H. A. Cavallera nella postfazione del libro, Vigneri: “aveva ben colto l’importanza della delocalizzazione di quelli che in seguito sarebbero stati chiamati ospedali psichiatrici e del fatto che i malati dovessero essere curati e non meramente custoditi”[2]. In questa intuizione e nei metodi di cura praticati, basati su un lungimirante approccio sistemico relazionale non assimilabile ai metodi coercitivi dei manicomi dell’epoca, è auspicabile ravvisare in Giuseppe Vigneri un Basaglia ante litteram.
Illuminante in tal senso è uno stralcio di un articolo della “Gazzetta delle Puglie”[3]:
Una delle istituzioni più proficue e più umanitarie della nostra città e che merita l’attenzione e l’appoggio delle autorità provinciali e comunali, non che il plauso del pubblico, è la sala d’esperimento dei folli, messa nei locali dell’Asilo di Mendicità.
In questo luogo si rinchiudono i pazzi poveri, invece di mandarli direttamente ad Aversa, dove spesso, o sempre, lasciano la vita, anche se la malattia possa curarsi.
Di questa istituzione così filantropica e che arreca tanta civiltà, fra noi pochi anni addietro non se ne sapeva.
Un uomo solo, senza ajuti, senza reclame, senza protezioni, ma guidato soltanto da un sentimento umanitario, concepì e mise in atto la istituzione delle sale d’esperimento pei folli, ottenendo una sola stanza dalla provincia, come abbiamo detto presso l’Asilo di Mendicità. Quest’uomo, che i posteri, giustamente, chiameranno benefico, è il nostro concittadino Cav. Dott. Giuseppe Vigneri.
[……..]
E dal 1885, da che è surta questa istituzione, si incontrano soltanto quattro vittime e molte guarigioni, poiché dei ricoverati pochissimi andarono ad Aversa.
[…] Abbiamo visitato, con dolore, quelle stanze fatte cogli attuali sistemi. I poveri folli, divisi dal consorzio umano e da tutto ciò che potesse esaltarli, assistiti con amorevole diligenza, ricevono le cure dal dottor Vigneri e sono accuditi diligentemente sino alla completa guarigione.
Gl’inservienti, marito e moglie, (essendovi ricoverate anche delle donne) hanno il sentimento umanitario e trattano bene quei poveri disgraziati.
Abbiamo notato pulizia, ordine e soprattutto un vitto sano, che concorre a migliorare la igiene di quei poveri reclusi.
E bisogna assistere alle visite del dottor Vigneri, il quale, sulle prime con le buone maniere, più che con le medele[4], sa ispirare calma e fiducia in quei cervelli spostati, in quelle povere anime derelitte, invase da uno dei più terribili castighi.
[…..] E quasi tutti quei poveri folli si salvano; e dopo guariti andate a domandarli e vedrete con che riverente affetto vi parlano del loro dottore.
La lettura dell’articolo, al di là di una necessaria contestualizzazione del lessico allora utilizzato per definire i pazienti psichiatrici, ci induce ad assimilare le suddette strutture (pur con le dovute differenze connesse al periodo storico di riferimento) alle attuali comunità terapeutiche, sia per l’approccio terapeutico, sia per la rilevanza da attribuire alle condizioni igienico sanitarie della struttura ospitante.
In tal senso il libro assume un’importanza documentaria di rilievo nell’ambito della storia della psichiatria ed a maggior ragione è auspicabile l’intento degli autori di mettere in luce la figura di un medico di valore, dimenticato dagli storici e dai suoi stessi concittadini.
[1] Giuseppe Vigneri è il bisnonno di Mario Vigneri, anch’egli medico, rinomato esperto di accessi venosi.
[2] Ibidem p. 115.
[3] “Gazzetta delle Puglie”, 6 novembre 1886. L’articolo citato anche nel libro, pp. 35-37.
[4] Medicine