Il Metodo Feuerstein

GRUPPI DI LAVORO SECONDO IL METODO FEUERSTEIN PER BAMBINI E RAGAZZI DI TUTTI I GRADI DI ISTRUZIONE A CURA DI:

 

ANTONIO SANTORO: Neurospichiatra Infantile. Mediatore Feuerstein

VIVIANA VIGNERI: Insegnante di Scuola Media Superiore. Mediatrice Feuerstein

 

Il Metodo Feuerstein prende il nome dal suo ideatore, il Prof. Reuven Feuerstein (1921- 2014), psicologo clinico e cognitivista presso l’Università di Bar Ilan a Tel Aviv e professore alla Vanderbilt University di Nashville, nel Tennessee.

Esso consiste nella teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale (MCS) secondo la quale il potenziale di apprendimento è modificabile in base agli stimoli che riceve.

Tale “modificabilità” avviene attraverso l’ESPERIENZA DI APPRENDIMENTO MEDIATO  (EAM) in cui un Mediatore seleziona gli stimoli da sottoporre allo studente affinché questi possa orientarsi nella risoluzione di problemi di complessità crescente, acquisendo al contempo autostima.

Il Mediatore farà quindi in modo che gli stimoli mediati diventino parte integrante dell’esperienza dello studente, consentendogli di trovare le strategie più adeguate per un apprendimento efficace.

 

GLI STRUMENTI

 

1 IL P.A.S.

Uno degli strumenti di cui si avvale la mediazione è il P.A.S. (Programma di Arricchimento strumentale) che consiste in un insieme di esercizi “carta e matita” che vengono presentati gradualmente nel corso di tutto il programma.

OBIETTIVI

Individuare le difficoltà di apprendimento e trovare delle strategie per superarle.

Secondo Feuerstein, ai fini didattici le difficoltà di apprendimento si possono suddividere in tre fasi dell’atto mentale: INPUT, ELABORAZIONE, OUTPUT.

Analizziamoli di seguito:

INPUT: è la fase in cui vengono raccolti i dati del problema da risolvere. Le carenze dell’input sono spesso dovute ad un investimento inadeguato dell’attenzione che rende la percezione confusa e generica per cui alcuni elementi vengono trascurati ed altri sono analizzati in modo eccessivo.  Un’altra difficoltà da superare in questa fase consiste nell’integrare due o più fonti di informazione. La mediazione avrà dunque l’obiettivo di inibire nello studente il suo impulso a fare affidamento sulla semplice intuizione percettiva. Il P.A.S. prevede una serie di strumenti che indurranno lo studente ad integrare le fonti di informazione, adottando una modalità di lavoro sistematica.

ELABORAZIONE: in questa seconda fase, le informazioni raccolte vengono elaborate e trasformate in simboli o relazioni. Uno degli obiettivi didattici di questa fase consiste nel guidare lo studente nell’acquisizione del pensiero astratto, superando quella che Feuerstein definisce la percezione episodica della realtà in cui si sperimenta ogni cosa come un evento isolato senza prestare attenzione a ciò che lo ha preceduto o a ciò che seguirà. Il P.A.S. mira ad insegnare al soggetto a proiettare costantemente fra gli eventi relazioni di identità, somiglianza, opposizione. L’allievo viene quindi esortato a percepire attivamente la sua esperienza.

OUTPUT: questa fase è quella in cui lo studente deve dare una risposta, comunicando il prodotto dell’elaborazione che ha operato sui dati inizialmente raccolti. Tale risposta dovrà essere il più possibile precisa e dettagliata. Questa fase è quella frequentemente responsabile dell’insuccesso nella risoluzione dei problemi e nell’adattamento a nuove situazioni. Spesso lo studente non riesce a comunicare una risposta adeguata a causa di una modalità di comunicazione egocentrica o per mancanza di un lessico specifico oppure a causa dell’impulsività. Accade in questo modo che una corretta elaborazione si trasformi in una risposta sbagliata.

Il P.A.S. grazie all’eterogeneità dei suoi esercizi, al feed back costante ed al motto “ Un momento… sto pensando”, aiuta lo studente a formulare meglio le sue risposte. Un altro obiettivo del P.A.S. consiste nell’ampliamento del lessico, attraverso compiti che richiedono l’acquisizione di centinaia di parole nuove, correlate con le forme, gli oggetti, le classificazioni, le relazioni ed i tipi di operazioni che devono essere esercitate per permettere allo studente di migliorare le sue capacità logiche.

 

ALTRI OBIETTIVI DELLA MEDIAZIONE

Oltre a lavorare sui precedenti aspetti il mediatore cercherà di favorire dei comportamenti che inducano lo studente ad assumere la giusta disposizione nei confronti dello studio, predisponendolo all’attenzione, alla consapevolezza della modificabilità e del cambiamento, al senso della sfida verso ciò che è nuovo e complesso, all’acquisizione di una prospettiva ottimistica.

Il mediatore avrà inoltre il compito di mediare l’esperienza di apprendimento attribuendole un significato, affinché il soggetto non recepisca lo studio passivamente ma lo viva come studium, passione, parte di una realtà che gli appartiene.

Altro obiettivo fondamentale della mediazione è il principio della cosiddetta trascendenza mediante la quale gli studenti riflettono sulle strategie cognitive che li hanno portati al successo e sulla loro riapplicazione in situazioni diverse da quelle sperimentate.

 

2. L.P.A.D.

Per L.P.A.D. (Learning Propensity Assessment Device) si intende un “Programma di Valutazione della Propensione all’Apprendimento” consistente in una procedura di valutazione attraverso una batteria di strumenti che consentono al professionista di determinare il livello di funzionamento cognitivo di un individuo. Anch’esso si basa sulla Teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale che, come si è detto, presuppone che l’intelligenza sia dinamica e modificabile, non statica o fissa. Tale strumento si concentra sul potenziale del discente piuttosto che sul suo attuale livello di prestazioni, per cui costituisce una valida alternativa ai test di intelligenza statici.

A differenza dei test standardizzati, che sono orientati al prodotto, l’LPAD è orientato al processo: analizza come lo studente pensa, piuttosto che cercare risposte quantificabili. Gli studenti, invece di veder confrontate le proprie prestazioni con quelle dei coetanei, si confrontano solo con se stessi in condizioni e tempi diversi. L’esito di questo strumento è un profilo descrittivo della modificabilità che comprende l’area e il grado del cambiamento cognitivo. I risultati della valutazione sono utilizzati per programmare un intervento psico-educativo/didattico, che spesso include il Programma di Arricchimento Strumentale.

Basi teoriche: nonostante la concezione teorica risalga alla metà del secolo scorso, le competenze cognitive su cui il metodo Feuerstein esercita il suo sforzo di potenziamento sono state rivalutate e hanno assunto estrema rilevanza soltanto nell’ultimo ventennio

 

Dal concetto di disabilità a quello dei punti di forza e del potenziale d’apprendimento

Reuven Feuerstein innanzi tutto rifugge da una logica classificatoria, che definisca in termini negativi le prestazioni dell’allievo: per lui non esistono sigle (BES, DSA, ADHD), ma bambini che imparano e bambini che hanno difficoltà a imparare. Di questi ultimi evita di stilare lunghi elenchi di ciò che non sanno fare, ma si chiede quali siano i loro punti di forza – tutti ne hanno – e soprattutto che cosa può fare l’insegnante per utilizzarli al fine di superare le evidenti disfunzioni.

 

La disabilità, intesa come disarmonia dello sviluppo, riguarda tutti

Esistono bambini, ragazzi, adulti e anziani con difficoltà di apprendimento, normodotati con problemi di riuscita scolastica, stranieri con esigenze di integrazione, individui affetti da deficit cognitivi, ragazzi iperattivi, soggetti che hanno bisogno di acquisire buone abitudini di lavoro. Non soltanto a chi ha difficoltà può risultare utile questo approccio pedagogico. Anche i normodotati, così come i superdotati, tutti sono portatori del diritto a un’educazione inclusiva.